domenica 24 ottobre 2021

Riscoprire i legami post pandemia. Sintesi dell'incontro 2021

Riscoprire i legami post pandemia
Sintesi dell'incontro 2021

Foto di gruppo del convegno Cristiani in Ricerca 2021


L'undicesimo incontro di Cristiani in Ricerca ha rivolto la sua attenzione al tentativo di riscoprire i legami dopo il periodo di drammatici cambiamenti che ha caratterizzato il mondo nell'ultimo anno a causa dell'epidemia di Coronavirus.

L'intervento introduttivo è stato affidato ad Agostino Burberi, Presidente della Fondazione don Lorenzo Milani, che ha narrato la nascita e la storia della scuola di Barbiana, proprio a partire dalle vicende umane e storiche del suo fondatore. Le origini borghesi, la curiosità per le scienze, la sua difficoltosa carriera scolastica spingono un giovane Don Milani a interrogarsi sulla grande differenza culturale tra più abbienti e meno abbienti e, in particolare, sulla grande importanza di padroneggiare la parola; è poi l'incontro con una docente che lo porta ad abbracciare la fede cattolica e ad intraprendere la carriera ecclesiastica, domandando a Dio di essere “ultimo tra gli ultimi”. La lotta alla superficialità e il modo di pensare non convenzionale non lo hanno reso amato, ma tuttavia non gli hanno impedito di realizzare i suoi ideali e di aprire prima una scuola popolare a San Donato in Calvenzano e poi un doposcuola a Barbiana per i figli dei contadini: l'obiettivo era quello di scuotere le coscienze e fornire gli strumenti perché ciascuno fosse in grado di cercare la propria verità. 

Per Burberi le condizioni storiche sono cambiate e non è più possibile riprodurre l'esempio di Barbiana; tuttavia, certi insegnamenti di Don Milani possono essere portati avanti: la fatica di restare dentro ad un sistema anche se non lo si condivide tramite una obbedienza mai cieca, essere d'esempio, l'attenzione e l'interesse per gli ultimi.


Nel pomeriggio ha poi avuto luogo la tavola rotonda che ha visto i relatori affrontare la tematica dei legami nella relazione tra comunità e scienza, comunità e cultura, comunità e politica.

Carlo Zaninetti ha parlato della sua esperienza di dottorato in medicina sperimentale in un ospedale tedesco proprio durante il periodo della pandemia: a livello personale, anche durante il lockdown, ha avuto comunque la possibilità di continuare a lavorare ed, anzi, rafforzare i legami con altri italiani. Le condizioni della pandemia hanno anche permesso una riscoperta dei legami tra comunità scientifiche attraverso un più ampio dialogo favorito dalla comunicazione digitale e, pertanto, da un diverso uso del tempo.


Piera Di Lorenzo ha introdotto la sua riflessione su comunità e cultura ricordando che la storia umana da sempre è accompagnata dalla ricomparsa di epidemie; questi fenomeni sono anche entrati nel mondo della letteratura diventando schemi narrativi spesso motori del racconto. Secondo la relatrice la distruttività delle epidemie ha inevitabilmente spinto l'umanità a cercare rimedi e porsi interrogativi sul senso di questi fenomeni, rivelando fragilità e senso di impotenza; ed in particolare per quanto riguarda la scuola, per definizione “comunità in presenza”, il covid ne ha profondamente alterato la vita. Di fronte alla diffusione del virus, il tentativo è stato quello di mantenere vivo il rapporto educativo, anche a distanza tramite device digitali, trasferendo automaticamente le attività scolastiche nel mondo virtuale. Ciò ha però fatto emergere due errori: il diventare, del digitale, quasi l’unico spazio possibile di legame trascurando la valenza antropologica della relazione in presenza; il sottovalutare i divari sociali, culturali, economici e digitali esistenti tra regioni, scuole e generazioni. Tuttavia, secondo Di Lorenzo, questo rapido passaggio all'apprendimento a distanza ha condotto a pensare che la scuola sia in grado di affrontare drastiche trasformazione e può portare ad interrogarsi su una nuova didattica necessaria e possibile. Secondo la docente per affrontare questa sfida è indispensabile adottare un paradigma relazionale: vivere in modo ‘relazionalmente’ adeguato tutti gli ambiti di vita, di studio e di lavoro, costruendo legami fatti di piena reciprocità fra uomini e donne e fra generazioni. 


Andrea Michieli ha affrontato il tema comunità e politica avviando un pensiero sul cambiamento pre e post pandemia dei legami di partecipazione alla vita pubblica che, secondo il relatore non necessariamente testimoniano la sua crisi, ma che forse richiedono una “radicalizzazione” della democrazia. Quest'ultima è stata infatti concepita come democrazia elettorale in cui la partecipazione si esprime attraverso il voto; ciò ha portato a una maggiore rappresentazione a livello quantitativo, mentre è mancata una visione qualitativa. Di conseguenza si sono verificate: un assottigliamento delle basi sociali dei partiti, una rigida separazione tra pubblico e privato, tra economia degli interessi e beni pubblici. In questo scenario l'arrivo della pandemia ha fatto emergere due elementi: la riscoperta del lavoro e dei rapporti economici come dimensione pubblica di cui la comunità deve farsi carico; la partecipazione politica in senso ampio attraverso l'attivazione di base. Pertanto, secondo il relatore, il post pandemia non è caratterizzato dalla crisi della democrazia ma dalla necessità di cercare nuove forme di regime politico che tengano in considerazione una nuova e ampia partecipazione dal basso e che utilizzino l’intervento dello Stato per sostenere l’attività economica; in conclusione una democrazia più vicina al disegno costituzionale.


Infine, nella mattinata di domenica, Serena Noceti ha affrontato il tema della coscienza ecclesiale di fronte alla pandemia, vista come occasione per leggere i segni del tempo, indagare nuovi inizi e pensare alla chiesa del futuro. Secondo la relatrice, per comprendere quanto avvenuto durante la pandemia è necessario sottolineare due distinzioni: tra la fase del primo lockdown e quella della seconda e terza ondata; tra il mondo delle comunità- associazioni di base e la parola pubblica di chiesa. Infatti nella prima fase del confinamento a casa si è assistito da una parte alla sospensione della celebrazione eucaristica e della catechesi e alla mancanza di proposte e progetti comuni da parte di vescovi e molti preti; dall'altra alla diffusione di liturgie domestiche e all'esplorazione di nuovi linguaggi e idee, nonché del mondo digitale. Nella seconda e terza ondata c'è invece stato un ritorno al passato e al conosciuto, movimento che dunque non è riuscito a fare proprie le esperienze innovative nate nella prima fase. Tuttavia è possibile, secondo Noceti, avviare una riflessione su quanto avvenuto, proprio a partire dalle differenti reazioni che parrocchie -comunità da una parte, e preti-vescovi dall'altra, hanno avuto di fronte all'interruzione delle pratiche pastorali abituali. Esse infatti hanno messo in luce due diversi modelli di chiesa fondati su due dinamiche comunicative opposte: il modello post-concilio di Trento, incentrato sul prete, infantilizzante per gli adulti, fatto per gestire e mantenere l'esistente, basato su un modello comunicativo unidirezionale dal clero ai laici; il modello post-Vaticano II, che valorizza il ruolo dei laici e la partecipazione attiva alla liturgia, basato su un modello comunicativo pluridirezionale. L'interruzione delle pratiche ecclesiali tradizionali ha quindi mostrato, da una parte, la resistenza del primo modello tridentino di chiesa, ma dall'altra anche l'emergere di una chiesa dislocata nelle case che sperimenta nuove proposte di preghiera, di formazione biblica e un nuovo approccio di tipo sapienziale. Il limite chiaro della seconda e terza fase della pandemia è stato quello del non riconoscimento, da parte dei vescovi, di ciò che è avvenuto nelle parrocchie e nella comunità, sottraendosi a una importante occasione di analisi e di ripensamento di ciò in cui si crede, di funzioni e ruoli, e quindi la lettura di problemi ma anche di nuove possibilità. Per Noceti questa situazione rappresenta invece una importante occasione di riforma e propone di ripartire dai tratti essenziali della chiesa (evengelica, comunitaria, vera e quotidiana), e dalle cose belle dell'esperienza vissuta, soprattutto nei termini di nuove forme, luoghi e linguaggi. 


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