martedì 5 settembre 2017

Un potere umano da custodire. La sintesi dei lavori del nostro incontro



L’esperienza del nostro tempo ci consegna una visione disincantata del potere: siamo, infatti, consapevoli dei molteplici rapporti di forza che – raffinati, persino, dalle acquisizioni della tecnologia e della scienza - si insinuano nelle relazioni personali e comunitarie, raggiungendo facilmente una dimensione globale. D’altra parte, o forse proprio per questo, l’elemento “potere” è inscindibilmente legato alla questione della “giustizia”. Ma si può davvero parlare di un “potere giusto” e, se sì, in cosa consiste? Di queste domande – sulle quali l’attenzione della comunità cristiana fu portata al più tardi dalla teologia di Lutero, della cui nascita si celebra quest’anno il cinquecentenario – si è fatta carico la riflessione di Cristiani in Ricerca, laboratorio promosso dalla F.U.C.I. e dal M.E.I.C. e ospitato, quest’anno per l’ottava edizione, dal 25 al 27 agosto presso il Monastero di Camaldoli.

Uno spazio centrale, sabato mattina, è stato riservato a Franco Vaccari, psicologo e fondatore dello studentato internazionale a Rondine – “Cittadella della pace”. Ripercorrendo la propria esperienza ecclesiale, Franco si è soffermato sulla dimensione del “vivere insieme” e ci ha messo sapientemente in guardia tanto dal rischio che quest’ultima venga soffocata dall’istituzionalizzazione del potere quanto dal suo esercizio carismatico. La struttura istituzionale di una comunità, di per sé irrinunciabile, non dovrebbe mai essere considerata un fine in sé, e così nemmeno l’aspirazione a “mantenere il raggiunto”: li si dovrebbe, infatti, entrambi ordinare alla crescita delle relazioni e della persona. Franco ha infatti posto al centro del suo racconto la convinzione che “fare Chiesa” significhi “celebrare la vita di una comunità in carne e ossa”, allargando così i confini della mensa eucaristica.

Un’introduzione teologico-biblica al tema del “potere” ci è stata offerta, il venerdì pomeriggio, da Emanuele Bordello, monaco camaldolese e studente in Teologia al Centre Sèvres di Parigi. L’attraversamento di alcuni passi della Scrittura ha lasciato emergere come quest’ultima riservi uno sguardo tutt’altro che univoco tanto al potere mondano quanto all’onnipotenza di Dio, una questione sulla quale la modernità segnata dall’Olocausto è tornata a riflettere con urgenza (Jonas, Hyllesum, Bonhoeffer, per citarne solo alcuni). “Il Cristianesimo”, ha sottolineato Emanuele, “ci invita a tenere insieme questo paradosso: la gloria e la croce” e, con questo criterio, a operare un continuo discernimento sull’esercizio mondano del potere.

A queste suggestioni hanno fatto eco le voci di Andrea Michieli e di Luca Alici nella tavola rotonda che si è tenuta sabato pomeriggio, arricchendo la riflessione sul potere di un taglio, rispettivamente, storico-giuridico e filosofico-antropologico. Andrea, Dottorando in Diritto Pubblico dell’Economia all’Università di Milano-Bicocca, ha messo in luce le strutture e le problematicità dello Stato, cui è demandata la gestione del potere nella modernità: in particolare, è emersa la necessità di una “partecipazione feriale” dei cittadini alla vita pubblica, che consenta la composizione armonica, nelle istituzioni sociali, delle differenze. Luca, Ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia, Sc. Umane, Sociali e della Formazione dell’Università di Perugia, ha ribadito la necessità di leggere il “potere” non soltanto in termini di “comando”, ma come una continua mediazione tra “agire” e “patire”, tra il desiderato e l’involontario, prendendo sul serio quell’“indisponibile” che costitutivamente ci caratterizza. È questa una premessa necessaria affinché si possa auspicare una comunità che non abbia paura dell’altro, e un potere politico che sia rispettoso della pluralità.

Una seconda tavola rotonda, la domenica mattina, ha permesso di incrociare tre differenti prospettive cristiane sul potere: quella ortodossa, sostenuta da Dimitrios Keramidas, quella evangelica di Sophie Langeneck e quella cattolica, portata da Piera Angela Di Lorenzo. Dimitrios, Docente presso la Pontificia Università Gregoriana, ha illuminato l’esigenza che la Chiesa, pur abbracciando un potere temporale, conservi rispetto a esso una propria impronta profetica e ha individuato nella sinodalità una possibile via di uscita dalle problematiche che la gestione del potere pone a livello interno e nella dimensione inter-confessionale. Sophie, studente alla Facoltà Teologica Valdese di Roma, ha descritto la circolarità che caratterizza il rapporto tra Sinodo Valdese e chiese locali, insistendo sulla responsabilità sociale di cui la Chiesa è portatrice. Piera, dopo aver richiamato all’esigenza di una “spoliazione”, di una “umiltà” e di una “obbedienza” nella gestione ecclesiale del potere, ha sollevato interessanti questioni circa la sussistenza di gruppi ristretti nella chiesa locale, sul ruolo delle donne, sul dialogo interreligioso e con i non-credenti.

Il laboratorio di Cristiani in Ricerca si è inoltre arricchito di due ulteriori, preziosi momenti formativi. Venerdì sera, Maria Rosaria Petti, giornalista, ci ha aiutati a riflettere sul rapporto tra informazione e potere, toccando temi quali i nuovi media, la considerazione del “pubblico muto” sui social network, la necessità di dare voce a chi non ha potere. Sabato sera, Elvis Spadoni ci ha introdotti ad alcune sue opere, raccolte nella mostra “Il mantello e la gloria” (a Camaldoli fino al 15 Settembre), nelle quali il tema del potere si fa corpo, silenzio e luce.

Non solo si può, ma si deve – quindi – parlare di giustizia riguardo al potere. E tuttavia, per l’ambivalenza della sua natura, non è possibile stabilire una volta per tutte la struttura di un “potere giusto”: bisogna, piuttosto, continuamente vegliare affinché le strutture di potere siano ordinate al bene della comunità e della persona. Affinché, cioè, la legge della forza, che pure abita il cuore dell’uomo, non lo renda disumano, ma si lasci pervadere da ciò che con essa coesiste, vale a dire la misericordia e l’amore.

Rita Pilotti

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