L’esperienza del nostro tempo ci consegna una visione disincantata del potere: siamo, infatti, consapevoli dei molteplici rapporti di forza che – raffinati, persino, dalle acquisizioni della tecnologia e della scienza - si insinuano nelle relazioni personali e comunitarie, raggiungendo facilmente una dimensione globale. D’altra parte, o forse proprio per questo, l’elemento “potere” è inscindibilmente legato alla questione della “giustizia”. Ma si può davvero parlare di un “potere giusto” e, se sì, in cosa consiste? Di queste domande – sulle quali l’attenzione della comunità cristiana fu portata al più tardi dalla teologia di Lutero, della cui nascita si celebra quest’anno il cinquecentenario – si è fatta carico la riflessione di Cristiani in Ricerca, laboratorio promosso dalla F.U.C.I. e dal M.E.I.C. e ospitato, quest’anno per l’ottava edizione, dal 25 al 27 agosto presso il Monastero di Camaldoli.
Uno spazio centrale, sabato
mattina, è stato riservato a Franco
Vaccari, psicologo e fondatore dello studentato internazionale a Rondine –
“Cittadella della pace”. Ripercorrendo la propria esperienza ecclesiale, Franco
si è soffermato sulla dimensione del “vivere insieme” e ci ha messo
sapientemente in guardia tanto dal rischio che quest’ultima venga soffocata
dall’istituzionalizzazione del potere quanto dal suo esercizio carismatico. La
struttura istituzionale di una comunità, di per sé irrinunciabile, non dovrebbe
mai essere considerata un fine in sé, e così nemmeno l’aspirazione a “mantenere
il raggiunto”: li si dovrebbe, infatti, entrambi ordinare alla crescita delle
relazioni e della persona. Franco ha infatti posto al centro del suo racconto
la convinzione che “fare Chiesa” significhi “celebrare la vita di una comunità
in carne e ossa”, allargando così i confini della mensa eucaristica.
Un’introduzione teologico-biblica
al tema del “potere” ci è stata offerta, il venerdì pomeriggio, da Emanuele Bordello, monaco camaldolese e
studente in Teologia al Centre Sèvres di Parigi. L’attraversamento di alcuni passi
della Scrittura ha lasciato emergere come quest’ultima riservi uno sguardo
tutt’altro che univoco tanto al potere mondano quanto all’onnipotenza di Dio,
una questione sulla quale la modernità segnata dall’Olocausto è tornata a
riflettere con urgenza (Jonas, Hyllesum, Bonhoeffer, per citarne solo alcuni). “Il
Cristianesimo”, ha sottolineato Emanuele, “ci invita a tenere insieme questo
paradosso: la gloria e la croce” e, con questo criterio, a operare un continuo
discernimento sull’esercizio mondano del potere.
A queste suggestioni hanno fatto
eco le voci di Andrea Michieli e di Luca Alici nella tavola rotonda che si
è tenuta sabato pomeriggio, arricchendo la riflessione sul potere di un taglio,
rispettivamente, storico-giuridico e filosofico-antropologico. Andrea,
Dottorando in Diritto Pubblico dell’Economia all’Università di Milano-Bicocca,
ha messo in luce le strutture e le problematicità dello Stato, cui è demandata
la gestione del potere nella modernità: in particolare, è emersa la necessità
di una “partecipazione feriale” dei cittadini alla vita pubblica, che consenta
la composizione armonica, nelle istituzioni sociali, delle differenze. Luca,
Ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia, Sc. Umane, Sociali e della
Formazione dell’Università di Perugia, ha ribadito la necessità di leggere il
“potere” non soltanto in termini di “comando”, ma come una continua mediazione
tra “agire” e “patire”, tra il desiderato e l’involontario, prendendo sul
serio quell’“indisponibile” che costitutivamente ci caratterizza. È questa una
premessa necessaria affinché si possa auspicare una comunità che non abbia
paura dell’altro, e un potere politico che sia rispettoso della pluralità.
Una seconda tavola rotonda, la
domenica mattina, ha permesso di incrociare tre differenti prospettive
cristiane sul potere: quella ortodossa, sostenuta da Dimitrios Keramidas, quella evangelica di Sophie Langeneck e quella cattolica, portata da Piera Angela Di Lorenzo. Dimitrios,
Docente presso la Pontificia Università Gregoriana, ha illuminato l’esigenza
che la Chiesa, pur abbracciando un potere temporale, conservi rispetto a esso
una propria impronta profetica e ha individuato nella sinodalità una possibile
via di uscita dalle problematiche che la gestione del potere pone a livello
interno e nella dimensione inter-confessionale. Sophie, studente alla Facoltà
Teologica Valdese di Roma, ha descritto la circolarità che caratterizza il
rapporto tra Sinodo Valdese e chiese locali, insistendo sulla responsabilità
sociale di cui la Chiesa è portatrice. Piera, dopo aver richiamato all’esigenza
di una “spoliazione”, di una “umiltà” e di una “obbedienza” nella gestione
ecclesiale del potere, ha sollevato interessanti questioni circa la sussistenza
di gruppi ristretti nella chiesa locale, sul ruolo delle donne, sul dialogo
interreligioso e con i non-credenti.
Il laboratorio di Cristiani in
Ricerca si è inoltre arricchito di due ulteriori, preziosi momenti formativi.
Venerdì sera, Maria Rosaria Petti,
giornalista, ci ha aiutati a riflettere sul rapporto tra informazione e potere,
toccando temi quali i nuovi media, la
considerazione del “pubblico muto” sui social
network, la necessità di dare voce a chi non ha potere. Sabato sera, Elvis Spadoni ci ha introdotti ad
alcune sue opere, raccolte nella mostra “Il mantello e la gloria” (a Camaldoli
fino al 15 Settembre), nelle quali il tema del potere si fa corpo, silenzio e
luce.
Rita Pilotti
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