martedì 27 agosto 2019
Dieci anni di Cristiani in ricerca
Cristiani in Ricerca compie 10 anni!
Dal 2009 a questa parte, grazie alla generosa accoglienza del Monastero di Camaldoli e alla buona volontà di un piccolo gruppo di giovani che si rinnova nel tempo, questo appuntamento estivo continua a rappresentare una preziosa opportunità per quanti, trovandosi a varcare la soglia della vita adulta, desiderano incontrarsi, da diverse parti d’Italia e d’Europa, per riflettere su un tema rilevante per la Chiesa e per il Paese, in uno stile di ascolto dell’alterità, di condivisione e di ricerca, che li accomuna pur nelle diverse attività professionali, nelle diverse esperienze di vita e di fede.
Il modo più opportuno di restituire un po’ della gratitudine per questo piccolo, ma importante
traguardo ci è sembrato quello di rimettere in circolo alcune delle buone idee condivise in questi
anni, un piccolo “assaggio” delle passate edizioni.
In particolare, potrete riascoltare la riflessione di Stella Morra, del 2011, sui temi del credere e dell’appartenenza.
L’esperienza di fede e il tempo presente sono invece i due poli entro i quali si articola l’intervento di Giuliano Zanchi, del 2013.
Nel 2014, Roberto Mancini ci ha aiutati a riflettere sulla secolarità del Cristianesimo e sulla responsabilità dei laici.
Incontrerete poi la preziosa testimonianza di Agnese Moro, che nel 2016 ci ha consegnato il portato di un percorso condiviso tra vittime e colpevoli.
L’anno successivo, Franco Vaccari ci ha aiutati a riflettere sui temi del potere.
È, invece, dello scorso anno la relazione di Francesco Stoppa sui giovani e l’incontro tra le generazioni.
Per le registrazioni audio complete di ciascun incontro: www.edizionicamaldoli.it . Buon ascolto!
martedì 30 luglio 2019
Fragili cioè umani. Una cifra del nostro tempo
Monastero di Camaldoli
30 Agosto-1° Settembre 2019
«L’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma una canna che pensa». Con queste toccanti parole, Blaise Pascal descriveva la paradossale natura dell’uomo, desiderio d’infinito che illumina un rimpasto di ferite. Tale prospettiva trova un’eco particolare nel nostro tempo, in cui ci troviamo a fronteggiare cambiamenti climatici e catastrofi naturali, ma anche abusi di potere, impersonalità dell’economia, sopravvento delle tecnologie, naufragio di aspettative professionali ed esistenziali...Eppure, lungi dal produrre uno sterile ripiegamento su se stessi, la consapevolezza della fragilità non potrebbe diventare una grazia dell’epoca che viviamo, consentendoci di assumere ciò che siamo in verità e di inaugurare piste inedite di condivisione? Di questo vorremmo parlare nella prossima edizione di Cristiani in Ricerca, esplorando il tema della fragilità nelle sue varie dimensioni, esistenziale, spirituale e sociale, e le sue declinazioni negli ambiti della vita politica, della cultura e dell’esperienza ecclesiale.
Venerdì 30 Agosto
Dalle 14.30 Accoglienza
18.30 Vespri e Celebrazione eucaristica
21.00 Lectio divina a cura di un monaco di Camaldoli
Sabato 31 Agosto
7.30 Lodi
9.30 Conferenza e dibattito: “Fragile è umano”
Luciano Manicardi, Priore della Comunità di Bose
15.00 Approfondimenti tematici
Fragilità e relazionia cura di Laura Cortimiglia, psicoterapeuta, Lodi
Fragilità e politicaa cura di Umberto Ronga, ricercatore in Diritto Costituzionale, Università di Napoli
Fragilità e cultura a cura di Andrea Dessardo, ricercatore in Storia della pedagogia, Università Europea - Roma
Fragilità e vita ecclesialea cura di Giacomo Ghedini, Dottorando in Storia, Università di Bologna
16.45 Laboratori
18.45 Primi vespri
Domenica 1° Settembre
7.30 Lodi
9.00 Condivisione e dibattito
ore 11.30 Celebrazione eucaristica
Dopo pranzo: partenze
Adesioni
Le quote di partecipazione sono calcolate su due giorni completi, dato che gli arrivi sono previsti dalle ore 14.30 del venerdì e le partenze dopo il pranzo della domenica. La proposta del Convegno prevede la partecipazione a tutti i due giorni, per cui non è possibile accettare detrazioni per giorni di assenza o pasti non consumati.
Quote di partecipazione
Contributo per i due giorni (tutte le camere hanno il servizio interno):
€ 120,00 in camera singola
€ 80,00 in camera a più letti
Prenotazioni e informazioni
FORESTERIA del MONASTERO
52014 CAMALDOLI (AR)
Tel. 0575 556013 - Fax 0575 556001
foresteria@camaldoli.it
giovedì 13 settembre 2018
Giovani in ricerca: la sintesi dei lavori dell'incontro 2018
di Piera Angela Di Lorenzo
Le nuove generazioni si affacciano alla storia proponendo
un lessico inedito: precarietà, mobilità, social media, e ancora opportunità,
desiderio e libertà. Da sorvegliati speciali, i giovani decidono di riflettere sulla propria generazione che nel
vortice inarrestabile della globalizzazione e nelle nuove geografie
esistenziali aperte dai social prova a trovare una strada. Nell’anno in cui si
ricordano i 50 anni dal Sessantotto si
può parlare di “coscienza generazionale”? Quale rapporto esiste oggi tra le
generazioni, tra padri e figli? Come può una generazione liquida e apolide
nell’epoca delle passioni tristi non perdere la speranza e guardare l’orizzonte
con fiducia? In attesa dell’imminente Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani quali
strade intraprendere verso un autentico discernimento vocazionale? Da questi interrogativi ha preso le mosse la nona
edizione di Cristiani in Ricerca, appuntamento realizzato in
collaborazione con FUCI e MEIC, che ha avuto luogo presso il
Monastero di Camaldoli dal 24 al 26
agosto.
La riflessione a cura di Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli, sulla spiritualità del giovane
ha dato inizio alla tre giorni di riflessione sul tema “Giovani. Attraversare il nostro tempo”. Il tema della giovinezza e
del rapporto tra le generazioni è stato declinato in prospettiva biblica attraverso
le figure di due giovani Geremia (Ger 1, 4-10) e Timoteo (Tm 4, 12-16). Dal
brano di Geremia è emerso il senso di inadeguatezza che coglie il giovane davanti
alle grandi sfide della vita. Davanti alla chiamata di Dio, il giovane Geremia
si dichiara inadeguato a causa della sua giovinezza e afferma: «Ahimè, Signore
Dio!/ Ecco, io non so parlare,/perché sono giovane». Geremia riconosce di non
avere né l’autorevolezza né l’esperienza per svolgere l’incarico che il Signore
vuole affidargli, perciò, confidando solo nelle proprie forze, si ritrae di
fronte ad una impresa che considera al di sopra delle proprie possibilità. Nel
senso di inadeguatezza si cela anche una richiesta di aiuto che non rimane
inascoltata, il Signore rassicura infatti il giovane: «Non aver paura di fronte
a loro, / perché io sono con te per proteggerti». L’essere giovane non è un
impedimento per rispondere alla Parola di Dio, anzi è un momento favorevole per
risposte autentiche e coraggiose. La riflessione sul ruolo del giovane nella
comunità e sul rapporto tra le generazioni è proseguita attraverso il commento
della Lettera a Timoteo. L’Autore della Lettera esorta Timoteo a farsi modello
dei fedeli, ribadisce che la giovane età non è un motivo di inadeguatezza ad un
servizio di responsabilità all’interno della comunità cristiana. Quindi anche
un giovane può essere d’esempio nella vita cristiana. A rendere adulto il
cristiano non è l’età anagrafica del credente ma l’adesione alla volontà di
Dio, attraverso la frequentazione alle Scritture. Il rapporto intergenerazionale
(giovane/vecchio, maestro/discepolo) diventa dunque un rapporto di legami e
libertà, un rapporto di amore e generosità. La sfida per tutte le generazioni è
vivere appieno la generosità che permette a ogni generazione di esprimere se
stessa.
La riflessione è proseguita grazie al prezioso contributo
di Francesco Stoppa, analista presso
il Dipartimento di salute mentale di Pordenone, che ha illustrato il tema della
trasmissione intergenerazionale come messa alla prova del desiderio. A condurre
la riflessione sono state alcune pagine del romanzo di Cormac McCarthy, La strada, in cui si narra la vicenda di
un padre e un figlio che, in un mondo ormai incenerito e depredato, devono
salvare la civiltà. Nell’incontro tra padre e figlio possiamo riconoscere
l’incontro tra due generazioni: il padre si troverà a trasmettere con fiducia
il fuoco della tradizione al figlio; il figlio diventerà depositario e custode
di tale patrimonio. Nel momento in cui si avvia il passaggio di testimone, il
figlio si ritrae, ha bisogno di sentirsi ribadire la fiducia del padre, perché
davanti all’inatteso il primo movimento è la ritrosia, lo sbigottimento, lo
smarrimento. Il giovane vive nell’età del desiderio, il tempo in cui prima del
sì, prima dell’assunzione del proprio destino, c’è un no. L’adolescenza, in
particolare, è l’età del desiderio, non è un tempo cronologico ma logico in cui
il giovane si espone al non senso della vita ed è chiamato a costruire un
senso. Ogni qualvolta il soggetto si espone al non senso della vita, quando
cadono le certezze e si deve rimettere in discussione, il soggetto ritorna
adolescente. Egli ha, dunque, bisogno di un atto di fede da parte del mondo
adulto. La generazione adulta di oggi, quella della contestazione giovanile
degli anni ’60 e ’70, non è riuscita a cogliere il significato intimo
dell’ereditare e del desiderio stesso. Il desiderio non è di nessuno, non può
essere oggetto di trasmissione, ma è un moto interiore che ci attraversa
scandendo le età della vita. Il patto tra le generazione non è un contratto,
con clausole, calcolo dei profitti e delle perdite, esso è sempre un rischio,
un’esposizione alla vita e al suo non senso. Hanna Arendt spiega come il vero
tempo dell’uomo sia un tempo “spezzato nel mezzo”, che noi stessi siamo una
lacuna nel tempo” e, abitando questo punto vuoto e allo stesso tempo sorgivo,
entriamo in conflitto creativo e rigenerante con il passato e con il futuro. La
vertigine dell’inatteso, la caduta, le incognite generate da questo passaggio
di testimone sono proprie di ogni chiamata (come la vocazione di San Paolo o la
parabola del figliol prodigo). Ed ecco che in quel misterioso «appuntamento tra
le generazioni» come l’ha definito Benjamin passa l’essenza della condizione
umana.
Il dibattito è proseguito grazie alla prima tavola
rotonda che ha accolto i contributi di Marco Ovidi, dottorando all’Università
Queen Mary di Londra, Federica Di Lascio, attivista, e Maria Francesca Murru, ricercatrice all’Università Cattolica del
Sacro Cuore. Quest’ultima ha illustrato il delicato rapporto tra le nuove forme
di comunicazione e la partecipazione: si registra l’emergere di una sensibilità
alla partecipazione espressiva, come testimoniano le numerose e continue
pratiche di cittadinanza espressiva (ultima di tante la mobilitazione “Una maglietta rossa per fermare
l'emorragia di umanità” dello scorso 7 luglio, promossa da Libera). Sebbene il successo
dei social media risieda nel fatto che essi vengano percepiti come spazi liberi,
il rischio degli stessi è serio: la prevenzione e manipolazione del comportamento
umano (capitalismo informazionale) e il pericoloso e nocivo connubio tra
populismo e social media. Marco Ovidi
ha riflettuto sulle problematiche del mondo del lavoro sul quale soffiano due
forze: il cambiamento tecnologico e la globalizzazione. Come resistere a queste
spinte? La soluzione proposta è la promozione di un lavoro sostenibile che sia
flessibile e ad alto valore aggiunto: il lavoratore sia costantemente proteso
al lifelong learning e protagonista della propria creatività. Federica Di Lascio, con un intervento
di taglio esperienziale, ha stimolato la riflessione sulla condizione dei
giovani precari di oggi divisi tra desiderio di stabilità e bisogno di
mobilità. Scongiurando quell’ansia da status che rende il giovane precario
costantemente insoddisfatto, Federica ha messo al centro della riflessione
l’ascolto delle proprie passioni e dei desideri come strada verso la stabilità.
A concludere i lavori lo spazio più atteso dedicato al
dialogo ecumenico e interreligioso in cui si è riflettuto sul rapporto tra
giovani e fede. Gabriella Serra,
cattolica e presidente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana
(FUCI), ha riportato la sua esperienza del presinodo, riassumendo il contenuto
dell’Instrumentum laboris del Sinodo dei Vescovi sui giovani,
articolato in tre parti: la prima dedicata all’analisi della condizione
giovanile, la seconda ad offrire chiavi di lettura per un “discernimento” sulle
questioni decisive, la terza per “aiutare i padri sinodali a prendere posizione
rispetto a orientamenti e decisioni da prendere”. Gabriella, condividendo
con entusiasmo la modalità di svolgimento dei lavori, ha consegnato ai
giovani presenti i tre verbi attorno a cui si
articola l’instrumentum laboris: Riconoscere, Interpretare, Scegliere. Yahel
Halfon, israeliana ebrea giunta in Italia per studiare a Rondine cittadella
della pace, ha spiegato con estrema delicatezza la situazione dei giovani ebrei
oggi divisi tra ortodossia, tradizione e ricerca in una forbice che vede a un
estremo un Dio che punisce e all’atro un Dio che ama. Rassmea Salah, italo-egiziana musulmana impegnata nel sociale e nel
riconoscimento dei diritti delle seconde generazioni, nel definire i giovani
musulmani ha indicato i due estremi: da una parte gli integralisti, dall’altra
gli atei, nel mezzo ci sono tanti giovani musulmani con il desiderio di unirsi in associazioni
(come in Italia, dove la realtà dei GMI - Giovani Musulmani Italiani- conta
1000 giovani tesserati e circa 50 sezioni locali) e di vivere esperienze di
volontariato. Alla domanda: come vivete in Italia la vostra fede, la risposta emozionata
e sincera è stata racchiusa in una parola: con libertà.
La cifra straordinaria dell’incontro è stata mettere al
centro i giovani che sono stati soggetto e, nello stesso tempo, oggetto della
ricerca e della riflessione condivisa. La generosità tra generazioni, il
coraggio di essere attraversati dai propri desideri e la libertà di autorealizzarsi
devono costituire per i giovani di oggi il punto di partenza per il viaggio nel
nostro tempo.
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